Tale fu Tucidide, che non volle dilettare i contemporanei con favole, ma scrivere la verità per gli avvenire. A cosiffatto scrittore bastano pochissimi avvertimenti. E pochi ei ne dà, ma veri, pieni di senno, senza aridezza rettorica, con la grazia tutta sua. Avendo egli questa opinione, che per iscrivere una buona storia i molti precetti non sono bastanti, egli non poteva proporsi di dar precetti in questo scritto, ma sì di biasimar coloro i quali senza naturali doti e senza le necessarie conoscenze si mettevano a scrivere stolte adulazioni. Suo scopo principale è deridere costoro: però lo scritto è principalmente satirico: ma per mostrare che egli aveva ragione e diritto di deridere il cattivo, fa vedere brevemente che egli sa come è fatto il buono, e dov’è, e come si acquista: sebbene in cuor suo sia persuaso, come apparisce dalle ultime parole, che a volerlo fare intendere a coloro è tempo perduto, ed è meglio ridere.
LI. La Storia vera è un racconto immaginario che diletta non pure per la novità e piacevolezza dell’argomento e dello stile, e per le varie invenzioni bizzarre, ma ancora perchè tutte queste invenzioni sono piccanti allusioni a molte favole e maraviglie contate dagli antichi poeti, storici, e filosofi, dei quali non si dicono i nomi, perchè le allusioni sono chiare. Così Luciano stesso ci dice quale è la natura e lo scopo di questo suo scritto. Noi non possiamo riconoscervi tutte le allusioni, perchè ben pochi scrittori antichi sono pervenuti sino a noi; ma possiamo ben riconoscervi un’ardita fantasia, che inventa le più matte cose del mondo con una larga vena di motti e di frizzi, un dettato facile e piacevole.
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