Ora ne ho fatto uno. — E qual è? — Questo, quest’altro. E così séguita, e infine il sofista si vede stretto, e confessa che ei ne fa, e non sa distinguere gli altrui, ed è un ignorante. Questo dialogo è un freddo scherzo grammaticale, non ha altro che la pura forma esterna dialogistica, non contiene nulla che possa farti vedere che sia opera genuina del gentile ed ingegnoso Luciano. Al concetto meschino ed alla maniera melensa, pare fattura d’un povero pedante che dà grande valore alle parolette, e crede che il non si può sia una scienza importantissima.
LV. La Chiacchierata con Esiodo è un ghiribizzo, e parrà una freddura se non si ricorda che al secolo di Luciano si prestava fede alla magia, agl’indovini, ai profeti, e si aveva grande riverenza agli antichi poeti, non pure per l’arte loro, ma perchè si credeva che fossero stati ispirati dagl’iddii, ed avessero predetto l’avvenire. Su questa credenza pare che voglia scherzare, e fa un po’ di chiacchiera con Esiodo, il quale si vantò di avere avuto dalle Muse il dono di predir l’avvenire, e non predisse nulla. Ai poeti non bisogna credere, perchè dicono ciò che loro viene in bocca, e non bisogna esaminar tanto pel sottile le loro parole e ritrovarvi quello che non c’è. Se ci fosse profezia, ella sarebbe tutto altro che pronosticar la buona e la cattiva raccolta da certi segni, come fa Esiodo, il quale non fu profeta, ma soltanto poeta, e non dei più valenti, e spesso parlò a caso. E qui Luciano si ferma, per non dire altro di un poeta amabile, che i Greci avevano caro per la sua modesta semplicità. Il dirne più oltre non sarebbe stato piacevole; onde il dialogo è breve, e piglia un colore semplice dal soggetto stesso; quasi che parlando con Esiodo venga spontanea quella stessa sua maniera schietta e piana.
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