Ora io non muto opinione in quanto alla discordanza di queste parole dalle altre, anzi la confermo, e dico che esse mi paiono una glossa di copista che volle dottoreggiare a sproposito, e credo che si debbano interamente togliere dal testo; il quale senza queste poche parole, che formano il 29° capitoletto, è chiaro e limpido. Così il trattatello non mi pare più confuso come prima, e ritengo che sia di Luciano, il quale si piaceva di questo modo di filosofare, che ha un uso pratico, e soleva adoperare le pitture, gli aneddoti, e le storie, che rifioriscono questa scrittura.
LIX. Il Nigrino è un dialogo serio nel quale si ragiona di gravi, mirabili e divine cose (cap. 38) dette da un filosofo in lode della Grecia, e specialmente di Atene, città di quieti studi e di modesti costumi, ed a biasimo di Roma, sentina di tutti i vizi e le corruttele. Chi riferisce queste grandi cose se ne mostra come invasato, gli pare di avere ancora nelle orecchie le savie parole, e innanzi gli occhi il venerando aspetto del filosofo, crede di non poterle riferire convenevolmente, e si scusa in vario modo che egli è troppo meschino attore a rappresentare cotanto personaggio. Lodando i costumi del filosofo si loda la filosofia con ardore di affetto giovanile, e si leva a cielo con le più alte parole. Il concetto di questo dialogo è tutto filosofico, l’unico sentimento che vi domina è l’ammirazione per la filosofia e pel filosofo: non v’è neppure ombra di satira, per modo che anche dove discorrendosi dei vizi e del lusso dei Romani si potrebbe gettar qualche motto e lo scrittore rivelarsi, il biasimo è serio, non piacevole.
| |
Luciano Nigrino Grecia Atene Roma Romani
|