Nel Nerone il filosofo Musonio confinato nell’isola di Lenno(18) discorre con un suo amico del tentativo che fece Nerone a cavar l’istmo di Corinto, non ostante la credenza sparsa che i matematici egiziani avessero trovato il mare nel golfo di Corinto superiore a quello del golfo d’Atene. La quale credenza, rigettata da Musonio come una sciocchezza, è corsa anche nei tempi nostri, e sino a ieri si è creduto che il mar rosso fosse superiore al Mediterraneo. Poi parla della voce di Nerone, dei gesti con cui accompagnava il cantare e il citarizzare, e del fatto di un tragediante che aveva bella voce e non gli voleva cedere, ed egli lo fece dai suoi cagnotti scannare sul teatro innanzi a tutti i Greci. Mentre così ragionano, s’avvicina una nave che reca la novella che Nerone è morto. La dizione di questo dialogo è dura e studiata, e in molte parti scura e sforzata appunto come la voce di Nerone: e non è cosa di Luciano affatto. Entrambi questi dialoghi, e quasi tutti gli altri che noi abbiamo scartati e scarteremo, sono tenuti per genuini dal Wieland, dotto uomo, il quale ha fatto una traduzione delle opere di Luciano, che dai suoi Tedeschi è stimata un capo d’opera. Io non so, nè ho modo di sapere le ragioni avute da quel valentuomo per formarsi questa opinione, che ad altri dotti Tedeschi, ed al Weise non piace sempre: e però mi attengo al mio giudizio, e lo espongo schiettamente, e con la coscienza di averci pensato e studiato.
LXVI. Opere satiriche. Sono tutte dialoghi, eccetto il Peregrino, che però sarà esaminato a suo luogo.
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