Il Timone dipinto da Luciano in fondo non è misantropo nè tristo; ma per contrario un uomo amorevole e dabbene, che ha peccato per troppa bontà, che per uno sdegno momentaneo si scaglia contro Giove, e fa lo strano proposito di abborrire tutti gli uomini, e che esagerando il suo odio, mostra che egli non lo sente davvero; uno che voleva fare il Timone contro la sua natura, e però è ridicolo, e Luciano lo motteggia come si può motteggiare un uomo del quale si rispettano le buone qualità che egli possiede. Ma chi è questo gran ricco e prodigo, benefattore degli Ateniesi, amorevole e buono, che per ira pare cattivo, e però è ridicolo? Io fo una congettura, che mi pare dia gran lume a questo dialogo.
Al tempo degli Antonini uno de’ più grandi e famosi ricchi dell’impero fu Erode Attico, cittadino ateniese, nato verso il 104 in Maratona. Suo padre, che era un poveruomo, trovò a caso un immenso tesoro sepolto sotto un vecchio casamento, e divenuto ricco, fece educare il figliuolo con ogni cura. Erode ebbe a maestri i più riputati uomini del suo tempo, Scopeliano, Favorino, Secondo, e Polemone retori; imparò filosofa platonica da Tauro Tizio, critica da Teagene di Cnido, ed eloquenza da Munazio di Tralle: ebbe bell’ingegno, diventò valente oratore, ed insegnò in Atene, e poi in Roma, dove ebbe a discepolo Marco Aurelio che sempre lo rispettò. Ebbe i maggiori uffizi in patria e fuori, e nel 143 fu fatto console. Fu magnifico e splendidissimo nell’usare delle ricchezze, ornò Atene d’uno stadio, d’un teatro, di acquedotti; fece grandi benefizi a molte città; prodigò il suo agli amici, agli artisti, ai dotti che gli erano intorno: e Filostrato, che ne ha scritto la vita, racconta che ei donò al sofista Polemone quasi sedicimila zecchini per tre declamazioni.
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