I buoni non si confondano coi tristi: ed ai buoni deve piacere che i tristi sieno smascherati. Proviamo ora se i moderni filosofi sono degni di questo nome modesto, e se essi non isvergognano quei savi, le cui dottrine essi dicono di seguitare. Siccome Luciano vuol dimostrare non pure la ragione dal lato suo, ma il torto dal lato degli avversari, così pare che il dialogo abbia due parti e quasi doppio argomento: il che non è; perchè il pensiero è uno, ed egli, per dirla alla greca, ci porge un solo vino in due coppe.
Comincia la scena con un parapiglia. Luciano si trova in mezzo ad una gente arrabbiata che gli dà addosso con pietre, con bastoni, con mani, gli dice un sacco di villanie, lo vuole accoppare, squartare, arrostire. Il poveruomo dimanda pietà: Ma che v’ho fatto? ma chi siete, che mi volete ammazzare? E quei tosto rispondono: Siamo i filosofi che tu hai venduti: avutane licenza da Plutone, siamo risuscitati e venuti a punirti.(22) Il meschino piglia fiato. E voi, filosofi, vi adirate tanto? E poi contro di me che vi ho sempre onorato e vendicato? Non avrei mai creduto che un Platone, un Aristotele, un Crisippo si fossero mai sdegnati, e sino a questo punto. — Quest’ira filosofica è dipinta da uno che si ride degli adirati, e in mezzo a loro serba tanto sangue freddo da far parodie di versi: e mentre fa di scusarsi, non può stare che non esca in certe parole equivoche; mentre pare che preghi, egli piacevoleggia, perchè egli li rispetta come savi ed onesti, ma in fondo del cuor suo non li crede.
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