LXIX. Il Menippo e l’Icaro-Menippo hanno il medesimo concetto: aver cercata e non aver trovata la verità su la terra, dove i filosofi dicono mille cose contraddittorie, e loro non si può credere. Nel Menippo si cerca la verità morale; nell’Icaro-Menippo la verità fisica ed intellettuale ancora.
Nel dialogo intitolato il Menippo o la Necromantia, Menippo dice così: Quand’io ero bimbo, e leggevo in Omero che gli Dei fanno adulterii, furti, incesti e cose simili, io le credevo lecite e sante, perchè le fanno gli Dei: ma fatto grandicello, seppi che le leggi proibiscono queste cose come misfatti, e le puniscono. Mi trovai imbrogliato, e ricorsi ai filosofi: peggio di peggio, m’imbrogliarono di più. Poeti no, leggi no, filosofi no, come dunque dovrò fare per conoscere il vero, e vivere bene? Pensa e ripensa, mi viene l’idea di ricorrere alla Necromantia. Allora che tutti ci credevano, quest’idea era naturalissima. Menippo adunque dice che egli si propose di scendere all’inferno e dimandare a Tiresia, savio ed indovino famoso, come si deve fare per menare una buona ed onesta vita in questo mondo. Descrive certi incantesimi, la discesa nell’inferno, dove vede in tribunale Minosse che giudica e fa anche qualche parzialità: vede i castighi dei ribaldi, e vede gli eroi e le eroine, e gli altri morti, quali rosi ed intarlati per l’antichità, e quali ancora freschi, massime gli Egiziani, perchè ben salati: tutti scheletri simili ed indistinti. Fatte alcune considerazioni su la vita umana che è simile ad una favola rappresentata su la scena, finalmente trova Tiresia, e lo dimanda.
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