Di questi Luciano non mancava, ma egli era preoccupato dalla gravità della materia, stava in mezzo alle disquisizioni filosofiche, avrebbe voluto dire tutto, e non può, perchè la materia gli manca. Però egli si dibatte in vano; potrebbe dire più breve, e si dilarga in molte parole; accumula esempi ad esempi senza una necessità, e quasi con la coscienza di non giungere ad esprimere bene ciò che egli si sforza di esprimere. Insomma egli per mostrarsi filosofo non riesce nè filosofo nè artista. O volete filosofico questo dialogo, o lo volete artistico: filosofico non è, perchè la materia è volgare; artistico non è, perchè è di forma grave e platonica, non altro che un ragionamento serio con poca e sottile ironia. L’unico suo pregio è uno stile lucente, una maniera schietta, la lingua pura: pregio non suo particolare, ma di tutte le altre opere di Luciano. Eppure lo stile manca di quella leggerezza e semplicità che nasce dai pensieri più che dalle parole. E per questo pregio tutto esterno s’ha a dire che sia una scrittura plane egregia? Nè vi trovo alcuna idea o parola che alluda a Marco Aurelio, sì che io possa congetturare, come altri ha fatto, non so su quale argomento, che sia stato composto per pungere lo stoico imperatore. Credo che fu scritto prima del Pescatore e della Vendita, dell’Accusato, e degli altri dialoghi drammatici, appunto allora che Luciano conversava nell’Accademia e nel Liceo. È la prima lancia che ei ruppe contro la filosofia. Ci vedi senza dubbio un uomo ingegnoso, ma che combatte con arme non sua: quando dà di mano all’arte, allora ferisce e vince.
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