Il Siro non nega i benefizi ricevuti, ma dice che ella è divenuta una sfacciata sgualdrina, e però gli è convenuto lasciarla, e ricoverarsi a casa il Dialogo, che lo ha accolto benignamente. Vince il Siro, ed ha un solo voto contrario, forse di qualche retore. Il Dialogo accusa il Siro che lo ha spogliato del suo grave e composto vestimento, e gli ha messa indosso una giornea comica e satirica: gli ha sguinzagliato addosso Menippo, vecchio cane cinico che ride e morde tutti; e che lo ha fatto diventare mezzo prosa e mezzo verso. Luciano risponde, che egli lo ha renduto piacente, gli ha tolta l’asprezza e la ruvidezza che aveva, lo fa parlare di cose utili ed umane, non di aeree vanità. Ed ha tutti i voti, salvo quello del solito retore.
Si può egli con più bella immaginazione, con maggiore grazia e vivezza, e con più fina satira rivestire un concetto, e difendersi da un’accusa di leggerezza? Il Pescatore e l’Accusato sono due drammi compiuti, hanno azione e forza comica più di tutti gli altri, e come lavori d’arte a me piacciono più di tutti gli altri. E perchè Luciano trattava in essi la causa propria, vi messe ogni sforzo d’ingegno e di arte, quanto potè dire della sua vita, de’ suoi studi, delle sue opinioni, infine tutto sè stesso.
LXXIII. Nei quattro dialoghi gli Osservatori, il Tragitto, il Gallo ed il Naviglio, non si trova concetto particolare di Luciano, nè la sua maniera; ma si vede un moralista che satireggia su i generali, ed ora osserva la vita umana e ne deride la vanità, ora guarda la superbia dei potenti e si piace a vederla punita, ora il fasto e la mollezza dei ricchi che stanno in fondo a mille turpitudini, ed ora la stoltezza di quelli che agognano ricchezze e fanno castelli d’oro.
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