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      Insomma costoro che insegnavano sapienza ai giovani, ed erano fiori di senno e di dottrina, raccontano le più matte fole di fantasmi, di anime, di miracoli, con la maggior fede e serietà. Quell’uomo di senno che sta ad ascoltare, li rimbecca e li punge con frizzi e motti; ma infine non potendo più, e parendogli scortesia contraddire più oltre, e motteggiare, vassene, lasciandoli liberamente scialare delle loro corbellerie. — Il dialogo è fatto con arte assai fina; i racconti sono schietti ed efficaci per modo che ti pare di essere in mezzo a quei vecchi, e udirli parlare, e vedere le cose che raccontano. Quanto è vero il guizzare del giovanetto, quando il padre, parlando della mamma già morta, gli mette una mano su la spalla! Io crederei quasi che Luciano fosse stato presente a simili discorsi in casa di qualcuno: tanto al naturale ei ritrae le persone ed i discorsi, e con quella sobrietà e snellezza che è tutta greca, e tutta sua.
      LXXXIV. Il Filopatride per consenso di tutti non è di Luciano certamente. Il Gesnero in una dissertazione che si legge nel vol. IX del Luciano Bipontino, dimostra lucidamente che questo dialogo fu scritto in Costantinopoli, poco innanzi la morte dell’imperatore Giuliano, quando i Cristiani oppressi desideravano e predicevano sconfitte a Giuliano, ed i loro avversari ed oppressori si levavano ad alte speranze, avendo saputo le prime vittorie dell’imperatore contro i Persiani. Sospetta che può essere stato scritto da un altro Luciano, sofista ed amico di Giuliano, ed allega una lettera che Giuliano gli scrive, e che leggesi nelle sue opere.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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