Nondimeno l’asprezza con cui è trattato Alessandro non offende
la verità della narrazione, perchè certamente colui fu un impostore; ed un impostore è sempre un tristo: vi può essere un po’ di colorito soverchio, ma il disegno della pittura è vero. Lo stesso animo generoso dettò la vita di Demonatte e quella di Alessandro; ammirò il savio dabbene, e abborrì l’impostore ribaldo. Nella giovanile baldanza combattè e smascherò i furbi; nel senno virile, accortosi di non potere contrastare alla piena dell’ignoranza e della malizia unite insieme, se ne trasse fuori, e con amaro sorriso vendicò la verità offesa, e ne infamò in perpetuo gli offensori.
LXXXVI. Prendendo occasione dai Sacrifizi che si facevano agli Dei, si ragiona con molta piacevolezza delle favole che i poeti avevano inventate intorno a tutte le Divinità, ed il volgo credeva cecamente; e poi dei templi e delle statue. E prendendo occasione dal Lutto che si faceva pei morti, si ragiona delle favole e delle divinità dell’inferno, e dei riti che si serbavano nei funerali. L’una e l’altra scrittura, intitolate Dei Sacrifizi, e del Lutto non mancano di motti, e dimostrano che lo scrittore si rideva delle comuni credenze; ma non hanno alcuna forma d’arte, non sai come chiamarle; e pure l’una e l’altra erano capaci di bella forma. Però in esse manca una gran parte di Luciano, e giustamente si dubita se sono genuine.
LXXXVII. Opere serie di argomento religioso, non dovremmo trovarne tra gli scritti di Luciano, per la semplicissima ragione che egli non credeva a nulla.
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