Pure ce ne ha due, l’Astrologia e la Dea Siria: ma queste non sono, e non possono essere sue, come nel primo leggerle si vede al concetto, alla credulità, alla mancanza di arte, ed al dialetto gionico in cui sono scritte, a differenza di tutte le altre che sono nel puro dialetto attico.
Nell’Astrologia lo scrittore non vuol dare precetti, ma lodarla; e si lagna che ella sia trascurata dagli studiosi come scienza bugiarda e inutile. Eppure questa fu sapienza un tempo; gli Etiopi, gli Egiziani, e i Babilonesi l’ebbero in gran pregio. Tra gli Elleni la portò Orfeo, che ad imitazione della gran lira dell’universo compose la sua lira, e vi adattò sette corde quanti sono i pianeti: ed egli, la sua lira, il toro, il leone, e gli altri animali che stanno intorno a lui, non sono altro che immagini di costellazioni che stanno nel cielo. Molte favole e tradizioni, come Tiresia, Dedalo, Atreo e Tieste, Pasifae non sono che immagini di astrologia: Endimione fu osservatore della luna, Fetonte del sole; l’adulterio di Marte e di Venere è simbolo della congiunzione di questi due pianeti. Infine si conchiude che l’Astrologia non è nè bugiarda nè inutile. Questo concetto e questa affermazione non poteva entrare in mente di Luciano, non poteva esser detto da lui, se non per celia. Lo scrittore crede davvero a ciò che dice, e benchè mostri un certo acume d’ingegno, e scriva con certa leggiadria, pure si vede in lui un uomo pieno dei pregiudizi del tempo. E come egli pretende che la mitologia pagana pigliava i suoi simboli dall’astrologia; così al tempo de’ nostri padri il Dupuys, con altro ingegno e con altra dottrina, volle dimostrare che il Cristianesimo ha fatto lo stesso.
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