Ma quantunque sia cosa certa che il latino è assai rozzamente fatto in lingua fangosa, e questo Asino greco è una facile e piacevole scrittura in dialetto gionico, pure ei non pare che sia di Luciano. Un giovanotto scapato, vago di femmine e d’incantesimi, per forza d’un incantesimo diventa asino; e così serve a molte persone, e incontra molti casi, infine ritorna alla sua prima forma umana. L’importante di questa favola sarebbero i casi incontrati: ma scegliere quelli che contengono un insegnamento utile, una pittura di costumi, una verità morale, un interesse vivo e generale, quelli insomma che hanno uno scopo ragionevole, e narrarli con facilità e schiettezza, è cosa che richiede buon giudizio ed arte. Ora in questa scrittura i casi dell’asino sono senza scopo, senza insegnamento, senza utilità veruna; sono molti, e potrebbero essere dieci volte tanti, torneria lo stesso; è sempre una superficiale descrizione di ciò che avviene ogni giorno tra contadini, ortolani, mugnai, asinai, e simile gente; un racconto della nuda e bassa realtà, senza arte e senza invenzione. Quello che fa il giovane Lucio prima di diventare asino, e come viene a sapere che la moglie del suo ospite è una maga, e la tresca con la fante, è narrato con troppa prolissità, e con certa aria di credulità. Se Luciano avesse avuto il capriccio di scrivere una favola milesia, vi avrebbe messo, anche senza volerlo, quelle osservazioni fine e giuste che sono abituali ad un ingegno grande, avrebbe mirato ad uno scopo, non avria narrato così per narrare e per chiacchierare a vanvera.
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Asino Luciano Lucio Luciano
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