I Dialoghi degli Dei deridono la sciocchezza e la turpezza delle credenze religiose serbate nelle tradizioni e nei poeti: i personaggi sono tutti iddii, esseri fantastici che soli popolano il mondo soprannaturale. Creati dall’uomo, hanno tutte le sue passioni, i suoi vizi, e talvolta sono peggiori di lui. Giove, tenuto massimo senno, non ne ha dramma: non sa quel che fa, e viene a patti con Prometeo suo nemico, perchè questi gli predice quello che ei non conosce, e gli mette addosso la gran paura di perdere la signoria: si sdegna con Amore che si fa gioco di lui: fanciulleggia con Ganimede; pettegoleggia con Giunone per amore del zanzero; e saputo che Issione gli ha tentata la moglie, con divina tolleranza propone un mezzo di salvare la fama di Giunone, e contentare il povero innamorato. Per fare figliuoli, questi è un padre d’oro, e talvolta fa anche da madre, si sgrava di Minerva facendosi spaccare il capo con una scure, e partorisce Bacco da una coscia. Per generar Ercole, che fu quel gran forzuto, gli bisogna lavorare tre giorni, e il mondo sta per lo spazio di tre giorni all’oscuro, e non se n’accorge. Mercurio suo figliuolo e valletto è un finissimo ladroncello, il quale talvolta stanco di andare su e giù, si discrede con la mamma, e sverta tutte le segrete libidini del padrone. Nè state a credere ad Omero quando racconta della gran forza di Giove, che avria tirata in su una catena cui si fossero appesi tutti gli Dei e la terra tutta ed il mare, perchè Omero stesso dice che tre soli dii, Nettuno, Giunone, e Pallade una volta lo volevano legare, ed ei tremava, e se Teti non avesse chiamato in soccorso Briareo, te lo avrebbero legato con tutto il fulmine ed il tuono.
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