Insomma Luciano s’attacca specialmente a Giove, e quando l’ha per mano, ne fa un cencio, e lo strapazza. Nč risparmia gli altri Dei: ora ti rappresenta Ercole ed Esculapio, che si bisticciano villanamente tra loro; ora trafigge Castore e Polluce, coppia di giovanotti scioperati che non fanno, nč sanno far nulla. Motteggia le follie amorose degli altri, e vuol mostrarti che sono come le umane: ti pone innanzi gli occhi Endimione che dorme, e l’amante Luna che tacita gli si avvicina, e ne sente l’ambrosio respiro: ti fa vedere la vecchia Rea col suo Atte in mezzo ai Coribanti furiosi, ed Amore a cavallo ai leoni che gli leccano le mani: ti fa compatire ad Apollo addolorato per il suo Giacinto; ridere di Bacco tentato da Priapo; e di Mercurio bellissimo, che per ingannare una donna prese la figura di becco, e divenne padre di Pane bruttissimo e mezzo caprone. Apollo bel giovane č sfortunato in amore; Vulcano brutto, zoppo, ed artigiano ha due mogli bellissime che gli fanno le fusa torte: infine Marte colto in adulterio con Venere non č biasimato, ma invidiato dagli altri. Il giudizio di Paride non č satira, ma lavoro d’arte, vaghissimo, spirante tutta la fraganza della bellezza e della voluttŕ: ha tutta la leggerezza, il moto, e la leggiadria delle Grazie, ed č cosa veramente divina. Sono ventisei questi mimi, tutti genuini, e di ogni parte perfetti.
XCIII. I Dialoghi marini sono lavoretti d’arte, quindici vaghe miniature, che rappresentano Nereidi, Tritoni, ed altre divinitŕ del mare, ed anche alcuni uomini elevati a perfezione eroica, come Polifemo, Anfione, Perseo, Ulisse, Menelao.
| |
Luciano Giove Ercole Esculapio Castore Polluce Endimione Luna Rea Atte Coribanti Amore Apollo Giacinto Bacco Priapo Mercurio Pane Vulcano Marte Venere Paride Dialoghi Nereidi Tritoni Polifemo Anfione Perseo Ulisse Menelao
|