Infine trafigge Mausolo, che č superbo del sepolcro rizzatogli dalla moglie (d. 24).
Diogene č introdotto ancora in due dialoghi che a me non paiono genuini, perchč non hanno nč concetto nč arte lucianesca. Nel 27° parla con Antistene e Cratete del grande amore che gli uomini hanno alla vita, ed ognuno di essi narra una storiella per confermare questo argomento. Nell11° Diogene ragiona con Cratete di quelli che uccellano alle ereditā dei ricchi, e dice con gran tuono la gran freddura, che egli non desiderava la morte di Antistene per ereditarne il bastone, nč Cratete voleva ereditare da lui la botte e la bisaccia coi lupini. Essi, i filosofi, lasciano ed ereditano sapienza, veritā e libertā. Chi puō credere che questi paroloni sono di Luciano?
Questo 11° dialogo mi pare una sgarbata imitazione dei cinque dialoghi (5, 6, 7, 8, 9), nei quali Luciano ha dipinti gli uccellatori di ereditā, tanto comuni nel suo tempo, che spesso rimanevano uccellati: egli li ritrae a maraviglia, con semplicitā, facendoli parlare, e mostrandone laviditā sozzissima, senza moralizzare a sproposito. Generoso č poi il rimprovero di Antiloco ad Achille (d. 15), che disonestando i due sapienti suoi maestri Chirone e Fenice, aveva detto voler essere piuttosto zappatore tra i vivi, che re tra i morti, ed affermava che tutti gli altri sentono cosė, ma non hanno la franchezza di dirlo. Bisogna sofferire e tacere: il lamentarsi di cosa inevitabile č bassezza danimo. Questa č una botta ad Omero, che mette quelle parole in bocca ad Achille.
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