Questo vorrei fosse bene inteso dagl’Italiani, ormai dimentichi di una lingua che i nostri antichi parlarono, ed in essa insegnarono tante verità e bellezze; fosse bene inteso da quei pochissimi che la conoscono, e potrebbero nella nostra favella recare la luce del pensiero greco. Come volete che quei grandi scrittori sieno studiati ed imitati da molti, se voi pochi non li fate conoscere ed amare? Quanti, e cólti, Italiani non hanno letto Tucidide, Senofonte, Polibio, Demostene, Platone, Aristotele, perchè non sono tradotti nella nostra lingua, o sono male tradotti! e quanti hanno dovuto leggerli in una traduzione francese! L’opera di traduttore è assai modesta, ma assai utile ancora: grandi ingegni non la sdegnarono: e chi non può essere grande ed originale scrittore, che è dato a pochissimi, fa meglio a tradurre nella sua lingua i grandi pensieri altrui, che esprimere i suoi, mediocri e forse insulsi. Il sapere di un uomo e di una nazione non è proprio, ma è parte ereditato e parte acquistato da altri: ed i popoli più cólti cercano sempre di appropriarsi e rinsanguinarsi del sapere di tutti gli altri e antichi e moderni, e recarlo nella loro favella per renderlo comune. Quei buoni, ingegnosi, e perseveranti Tedeschi, che tanto sanno e tanto fanno negli studi, non hanno lasciato scrittore greco senza un’ottima traduzione tedesca, senza lunghi comenti e dichiarazioni di ogni sorte; sicchè solamente da essi ci viene un buon libro greco. I Francesi ancora, benchè a modo loro, pure traducono e comentano con diligenza: e gl’Inglesi pongono in questo la cura ed il senno che pongono in ogni cosa.
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