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      L’Amico. Con che aria, con che contegno grave sei ritornato! Non ci degni d’uno sguardo, non ci fai motto, non ti accomuni ai soliti discorsi, ma sei mutato subito ed entrato nel superbo. Dimmi un po’, donde ti viene tanta boria, e perchè questo?
      Luciano. Perchè? Ho avuta una gran fortuna, o amico mio.
      L’Amico. Come dici?
      Luciano. Eccomi all’impensata divenuto felice, beato, e, come si dice su la scena, strafortunatissimo.
      L’Amico. Oh! così presto?
      Luciano. Sì.
      L’Amico. Ma che gran cosa è cotesta che ti gonfia tanto? Per rallegrarcene vogliamo saperla, e non così solamente in aria, ma particolarmente: informaci di tutto.
      Luciano. Non ti pare cosa mirabile, per Giove! ch’io di servo son divenuto libero, di povero veracemente ricco, di stolto e di sciocco son divenuto assennato?
      L’Amico. Cosa grandissima; ma non ancora intendo bene che vuoi dirmi.
      Luciano. Io andai a dirittura a Roma col proponimento di vedere qualche medico d’occhi, perchè il male a quest’occhio più mi cresceva.
      L’Amico. Sapevo cotesto, e desideravo che tu venissi a mano di qualche medico valente.
      Luciano. Adunque volendo io da molto tempo ragionar con Nigrino, il filosofo platonico, mi levai presto una mattina per giungere a casa sua; e picchiata la porta, e detto al servo chi ero, entro, e lo trovo con un libro in mano, ed accerchiato da molte immagini di antichi sapienti. Nel mezzo della stanza era una tavola scritta di figure geometriche, ed una sfera fatta di canne, che, a quanto mi parve, rappresentava il mondo. Con grande affetto ei mi abbracciò, e dimandommi che fossi venuto a fare.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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