Così io men vo tutto invasato ed ebbro di quei discorsi.
L’Amico. Non è ebbrezza cotesta, ma sobrietà e saggezza. Tu mi hai messa una gran voglia di ascoltare da te quei discorsi. Oh, non dirmi di no: chi vuole udirli t’è amico, ed ama gli stessi studi.
Luciano. Non dubitare, o amico: tu sproni chi s’affretta, come dice Omero: se tu non mi avessi prevenuto, io ti avrei pregato di udirmeli contare. Io voglio che tu mi sia testimone innanzi alla gente che non senza ragione io ne son matto: ed anche ho un gran diletto a ricordarmene spesso e meditarvi sopra, come facevo testè: chè quando non ho con chi parlarne, tra me stesso li rumino due e tre volte il dì. E, come gli amanti, lontani dalla persona amata, ricordano certe azioni, e certi discorsi tenuti insieme, e di questi pascendosi ingannano la loro passione; e talvolta, come se fosse presente l’amor loro, credono di parlargli, si piacciono di riudirne le risposte che già ne udirono, ed hanno l’anima così piena di queste memorie che non si addolorano d’altro male presente; così anch’io lontano dalla filosofia, raccogliendo e rivolgendo tra me stesso le parole che udii, ho un grande conforto. In somma io, come traportato per un pelago in buia notte, rivolgo l’occhio a questa face; e credo che a tutte le mie azioni sia presente quel grande uomo, e mi pare sempre di udirlo ripetermi quei discorsi: e talvolta, specialmente quando più vi attacco l’anima, mi apparisce la sua persona, e l’eco della sua voce mi rimane nell’orecchie, chè davvero, come dice il comico, ei lascia un pungiglione in quei che lo ascoltano.
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Amico Omero
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