Piacemi che mi chiamino Misantropo, e che mi riconoscano come un acerbo, un collerico, un duro, un disumano: se vedo uno nel fuoco, e che mi prega di spegnere l’incendio, lo spegnerò con pece ed olio: se uno, traportato da una fiumana gonfia, il verno, mi tende le mani e mi prega di trarlo fuori, io lo attufferò con la testa giù affinchè non possa salire a galla. Così saremo pari: chi te la fa, fagliela. Propose questa legge Timone Echecratide di Colitta; e l’ha decretata nell’adunanza Timone stesso. Questo sia, questa è la legge, e bisogna osservarla da uomo. Ma quanto io vorrei far conoscere a tutti che fo questo, perchè son divenuto straricco! S’impiccherebbero per dispetto! Ma che è questo! Poh, che fretta! Quanta gente corrono pieni di polvere, affannati! come han già fiutato l’oro! E che farò ora? salire su questo poggio e scacciarli a sassate? o violar la mia legge parlando loro solo una volta per più tormentarli col disprezzo? Questo parmi il partito migliore: aspettiamoli a piè fermo. Chi viene innanzi a tutti? È Gnatonide il parassito: gli chiesi ultimamente di fare per me una colletta, ed egli mi offerse un laccio: egli che in casa mia ha vomitato le botti di vino. Ma ha fatto bene a venire il primo, piangerà prima degli altri.
Gnatonide. Non lo dicevo io che gli Dei non abbandonorebbon mai questo eccellente uomo di Timone? Salute, o Timone, bellissimo, leggiadrissimo, piacevolone fra i trincatori.
Timone. Ed anche a te, o Gnatonide, avoltoio voracissimo, schiuma di ribaldissimi.
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