(47) Un filosofo dev’essere parco e moderato, e nei desiderii non uscir della bisaccia.
Timone. Bravo, o Trasiclete, e prima di riempirti la bisaccia, vo’ riempirti il capo di bernoccoli, e te ne farò buona misura con la zappa.
Trasiclete. O popolo, o leggi, siamo battuti da uno scellerato in una città libera.
Timone. Di che ti lagni? di misura scarsa? to’ altre quattro per soprammercato. — Ma chi sono costoro che vengono? Oh, è Blepsia, è Lachete, è Grifone, una falange di mariuoli, che ora te li farò strillare io. Ora salgo su questo ciglione, e lasciando star la zappa che ha lavorato assai, mano ai sassi da farne piovere una gragnuola su questi furfanti.
Blepsia. Non iscagliare, o Timone: noi ce n’andiamo.
Timone. Ma vi porterete almeno un po’ di sangue o un’ammaccatura.
VI.
L’ALCIONE,
oDELLA METAMORFOSI.
Cherefonte e Socrate.
Cherefonte. Che voce è questa, o Socrate, che lontana ci viene dal mare, e da quello scoglio? Come è dolce a udire! E qual è l’animale che ha questo canto? Gli abitatori delle acque son muti.
Socrate. È un uccel marino, o Cherefonte, detto Alcione, che ha questa voce di pianto e di lamento: e intorno ad esso contasi un’antica favola. Dicono che una volta egli ora donna, figliuola di Eolo l’Elleno, donzelletta che si struggeva d’amore e si disfaceva in pianto perchè le morì lo sposo Ceice di Trachinia, prole dell’astro Lucifero, di bel padre bel figliuolo; e che dipoi essendole spuntate le ali per volere divino, e mutata in uccello, andò scorrendo il mare in cerca del suo diletto, che ella per tutta la terra non avea potuto trovare.
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