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      Io, che sempre ripenso al bene comune, e considero come accrescere la gloria degli Dei, dando novelle bellezze al mondo, io pensai che saria cosa buona prendere un po’ di creta, e comporne alcuni animali dando loro una forma simile alla nostra; perchè io credetti che saria mancata sempre qualche cosa alla divinità, se non ci fosse stato un essere a cui ella paragonarsi, e così sentire quant’ella è più beata: però volli che quest’essere fosse mortale, ma pieno d’industria, di senno, e di sentimento del bene. Laonde, come dicono i poeti, mescendo terra ed acqua, e fattone una poltiglia, feci gli uomini: e chiamai Minerva per aiutarmi nell’opera. Questo è il mio gran peccato verso gli Dei. Vedi che danno ho recato loro a fare di creta alcuni animali, e a dare il moto a cosa fino allora immota. Pare che gli Dei abbiano perduto un pezzo della loro deità dacchè sulla terra ci sono animali che pur muoiono: e Giove se ne sdegna, come se gli Dei fossero rabbassati per la nascita degli uomini: e forse teme che questi non si rivoltino contro di lui, e non portino guerra agli Dei, come i giganti. Ma voi non aveste mai offesa da me, o Mercurio, nè dalle mie fatture, e tu il sai: o dimmene anche una sola piccolissima, ed io mi tacerò, ed avrò meritato questa pena che voi mi fate patire. Il bene che io ho fatto agli Dei per mezzo di essi, vedilo, getta uno sguardo su la terra non più squallida ed orrida, ma abbellita di città, di campi coltivati, di alberi fruttiferi; vedi il mare coperto di navi, le isole abitate, altari, sacrifizi, templi, solennità in ogni parte, piene di Giove tutte le vie, piene tutte le piazze.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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