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      Non ne hai perduto nessuno?
      Vulcano. L’ho tutti, o Apollo.
      Apollo. Guardali meglio.
      Vulcano. Per Giove! Le tanaglie non vedo.
      Apollo. Le troverai nelle fasce del fanciullo.
      Vulcano. È così leggiero di mano, che ha imparato a rubare in corpo alla mamma!
      Apollo. Non l’hai udito a parlare, e come ha lo scilinguagnolo spedito. Ei vuole anche render servigi a tutti. Ieri avendo sfidato Amore alla lotta, tosto lo vinse, facendogli, non so come, mancare i piedi: e mentre Venere lo lodava della vittoria e l’abbracciava, le rubò il cinto; e lo scettro a Giove, che ancor se ne ride: gli avrebbe preso anche il fulmine se non fosse grave troppo e con molto fuoco.
      Vulcano. Questi è un nuovo miracolo di fanciullo.
      Apollo. Ed aggiungi che è già anche musico.
      Vulcano. E che pruova n’hai?
      Apollo. Trovata a caso una testuggine morta, ei ne compose uno strumento. Vi adattò i manichi e li congiunse, poi vi fece i bischeri, vi pose il ponticello, e su di esso distese le corde, e sonava con tanta dolcezza, o Vulcano, e con tanta maestria, che faceva invidia anche a me, che son vecchio ceteratore. Diceva Maia che neppur la notte ei rimane in cielo, non sa trovar posa, scende sin nell’inferno certamente a rubacchiarvi qualche cosa. Ha l’ali ai piedi, ed in mano una verga di gran virtù, con la quale conduce e guida all’orco le anime dei morti.
      Vulcano. Gliela diedi io come un balocco.
      Apollo. Ed ei te ne ha ricompensato con le tanaglie.
      Vulcano. Appunto me ne ricordi: vo a riprenderle, se, come tu di’, gliele troverò nelle fasce.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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