Giove. Basta dici, dopo che hai avuto tanto ardire? Per ora ti perdono; ma per l’avvenire, se ne fai un’altra, se ci manderai un altro cocchiere come questo invece tua, sentirai tosto quanto il fuoco del fulmine è più possente del tuo. Le sue sorelle lo seppelliscano su l’Eridano, dove egli è caduto dal carro, e versando lagrime di ambra sovra di lui, sieno mutate in pioppi. Tu raccónciati il cocchio (che vi si è rotto il timone ed una delle ruote), e séguita a carreggiare, raffrenando bene i cavalli. Ma ricòrdati di tutto questo, e sta in cervello.
26.
Apollo e Mercurio.
Apollo. Sai dirmi, o Mercurio, chi di questi due è Castore, e chi è Polluce? lo non posso discernerli.
Mercurio. Quegli che fu ieri con noi era Castore, questi è Polluce.
Mercurio. E come li distingui, se ei sono simili?
Mercurio. Perchè costui, o Apollo, porta sul volto le margini delle ferite avute dagli avversarii nel pugilato, e massime di quei colpi che gli diede Bebrico Amico, quando navigavan con Giasone: l’altro non ha segno alcuno, ed è liscio di volto e senza sfregio.
Apollo. M’hai tolta una pena a dirmi questi segni; chè eglino sono simili in ogni cosa, ciascuno de’ due un mezz’uovo, una stella sul capo, un dardo in mano, e va sopra un caval bianco: onde io spesso ho chiamato Castore chi era Polluce, e Polluce chi era Castore. Ma dimmi un po’, perchè non sono con noi tuttadue, ma si scambiano, e ciascuno di loro un giorno è in inferno, un giorno fra noi?
Mercurio. Per l’amore che si portano come fratelli.
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