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      Perchè doveva morire uno dei figliuoli di Leda, ed un altro essere immortale, però si hanno divisa l’immortalità, per goderne ambedue.
      Apollo. La divisione è sciocca, o Mercurio: essi non si vedranno mai, e non ottengono quello che più desideravano: e come in fatti si vedriano se uno è fra gli Dei, uno è fra i morti? E poi io fo il profeta, Esculapio il medico, tu se’ ottimo maestro nelle palestre, Diana fa la levatrice, ciascuno di noi fa un’arte utile agli Dei, o agli uomini: costoro che fanno? o debbono mangiare e bere così scioperati, essendo due pezzi di giovani?
      Mercurio. No: ma hanno l’uffizio di aiutare Nettuno, andar cavalcando sul mare, e se veggono nocchieri in fortuna, posandosi sul naviglio, salvarli dal naufragio.
      Apollo. Bella arte e salutare è cotesta!
     
      IX.
      DIALOGHI MARINI.
     
     
      1.
      Dori e Galatea.
     
      Dori. Quel tuo bello innamorato, o Galatea, quel pastore siciliano dicono che sia impazzato di te.
      Galatea. Non motteggiare, o Dori: infine è figliuol di Nettuno egli.
      Dori. E che fa? fosse anche figliuol di Giove, quand’è così salvatico e peloso, e con quella gran bruttezza d’un sol occhio? Sai che gentilezza non fa bellezza.
      Galatea. Quell’esser peloso e salvatico, come tu di’, non lo rende brutto, ma gli dà un’aria più maschile: e quell’occhio gli sta bene in fronte, e poi non ci vedria meglio con due.
      Dori. Pare, o Galatea, che tu se’ più innamorata di lui, che egli di te, chè troppo lo lodi.
      Galatea. Innamorata no: ma non posso patire che voi ne diciate tanto male; e mi pare che lo fate per invidia, perchè una volta che ei pascolava il gregge, vedendoci da un’altura che scherzavamo sul lido alle falde dell’Etna, dove tra il monte ed il mare si dilarga la spiaggia, a voi neppure riguardò, ma io gli parvi la più bella fra tutte, ed a me sola teneva fiso l’occhio.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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