Ciclope. Lo tolsi io per acchiapparlo quand’egli usciva. Mi sedei presso la porta, e l’aspettavo con le mani distese; facevo passar solo le pecore per andare al pascolo, e diedi al montone l’incarico di far le veci mie.
Nettuno. Capisco: si nascose sotto di esse, e se ne uscì. Ma perchè non chiamasti gli altri Ciclopi per dargli addosso?
Ciclope. Li chiamai, o padre, e vennero; mi domandarono chi è il ladro? io risposi: Nessuno; credettero ch’io fossi uscito pazzo, e mi piantarono. E così lo scellerato mi canzonò con quel nome, e poi per più straziarmi m’insultò ancora, e mi disse: Neppure Nettuno tuo padre ti risanerà.
Nettuno. Consòlati, o figliuolo, ti vendicherò io: ed insegnerò io a colui, che se non posso risanare i ciechi, io posso e salvare e perdere i naviganti. Egli sta ancora in mare.
3.
Alfeo e Nettuno.
Nettuno. Che è questo, o Alfeo? Tu solo tra quanti fiumi mettono in mare, non ti mescoli con le salse acque, come fan tutti gli altri, nè ti accheti diffondendoti, ma tutto unito e serbando la corrente dolce, corri puro ed intatto, attuffandoti non so dove, come i gabbiani e gli aghironi; e pare che vuoi riuscire in qualche parte e ricomparire.
Alfeo. È un affar d’amore, o Nettuno: e non volermene male; anche tu se’ stato innamorato molte volte.
Nettuno. Ed ami una donna, o Alfeo, o pure una ninfa, o una delle Nereidi?
Alfeo. Una fontana, o Nettuno.
Nettuno. Ed in qual paese ella scaturisce?
Alfeo. È un’isolana di Sicilia; e la chiamano Aretusa.
Nettuno. La conosco, o Alfeo: non è brutta Aretusa, è una polla d’acqua limpida e pura, che vassene sovra bei ciottolini, e pare tutta d’argento.
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