E come fu salita, rattissimo Giove corse al mare, e portandola nuotava: ed ella tutta smarrita attenevasi con la mano sinistra ad un corno per non cadere, e con l’altra si stringeva il peplo che ventilava.
Noto. Dolce spettacolo ed amoroso tu vedesti, o Zefiro: Giove nuotante portar sul dorso l’amata donzella.
Zefiro. Il più bello, o Noto, fu quel che seguì. Il mare subito divenne senz’onde, e si distese in calma perfetta. Noi tutti taciti, e non altro che spettatori del fatto, seguitavamo. Gli Amori sorvolando di poco le acque, e quasi sfiorandole con le punte dei piedi, portavano faci accese in mano, e cantavano un imeneo. Le Nereidi cavalcando delfini, e molte sorgendo mezzo nude dalle acque, applaudivano. La famiglia dei Tritoni, e degli altri marini non dispiacenti alla vista, tutti guizzavano ballando intorno la fanciulla. Nettuno montato sul cocchio, avendo a fianco Anfitrite, precedeva lieto facendo la via al nuotante fratello. Dietro tutti Venere portata da due Tritoni, e sedente in una conca, spargeva fiori d’ogni sorte su la novella sposa. Questo fu dalla Fenicia sino a Creta: dove, come giunsero, non apparve più il toro, ma Giove, che presa Europa per mano, la menò nell’antro Ditteo, arrossendo ella e tenendo gli occhi bassi, chè già sapeva perchè v’era menata. Noi ce ne tornammo, chi qua, chi là, a sconvolgere il mare.
Noto. O Zefiro, tu ti beasti con questa vista: ed io vedeva grifi, elefanti, ed uomini negri.
X.
DIALOGHI DEI MORTI.
1.
Diogene e Polluce.
Diogene. O Polluce, i’ vo’ darti un incarico.
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