Mercurio. Caspita! e tu così armato che vuoi? a che porti cotesto trofeo?
Soldato. Fui vincitore in battaglia, o Mercurio; m’illustrai, e la città mi diede questo onore.
Mercurio. Lascialo sulla terra il trofeo: quaggiù è pace, e non bisogna armi. E costui grave al vestimento, questo superbo, questo accigliato e pensoso, chi è egli, con sì gran barba sciorinata sul petto?
Menippo. Qualche filosofo, o Mercurio; o piuttosto qualche ciurmadore pieno d’imposture. Fà che si spogli, e vedrai molte cose ridicole nascoste sotto il mantello.
Mercurio. A te: deponi prima il vestimento; e poi tutto il resto. O Giove! quanta iattanza ei porta sotto, quanta ignoranza e contese e vanagloria: quante quistioni strane, discorsi spinosi, pensieri ravviluppati! quanti studii vani, ed inezie, e sciocchezze, e paroluzze. E questo altro? sì, è oro, amorazzi, impudenza, iracondia, e lusso, e mollezza. Non nascondere, chè io vedo tutto. Deponi ancora la bugia, l’orgoglio, la presunzione. Se vi entri con tutto questo, ci vorria una nave di cinquanta remi per portarti.
Filosofo. Depongo tutto, giacchè così m’imponi.
Menippo. Deponga quella barba ancora, o Mercurio: vedi come è pesante ed irsuta: son cinque mine di peli almanco.
Mercurio. Dici bene: deponila.
Filosofo. E chi me la raderà?
Mercurio. Questo Menippo: prenderà la scure della nave, e te la taglierà sopra la scala, che gli sarà come ceppo.
Menippo. No, o Mercurio: dammi una sega, chè saran le risa più grandi.
Mercurio. La scure basta. Or bene: via, m’hai fatto un po’ di viso da uomo, e senti meno del caprone.
| |
Mercurio Mercurio Giove Mercurio Menippo Mercurio
|