Nireo. Nireo, e Tersite.
Menippo. Ma chi è Nireo, e chi è Tersite? chè io non vi distinguo.
Tersite. Questo solo mi basta, ch’io sono simile a te, e non ci è tra noi quella gran differenza che dice quel cieco di Omero, il quale ti lodò come il più bello fra tutti; ed io col capo aguzzo e pelato non son paruto differente da te al giudice. Rimiraci ora, o Menippo, e di’ chi tra noi due è più bello.
Nireo. Io sono; io figliuol d’Aglaia e di Caropo,
Ero il più bel che venne sotto Troia.
Menippo. Ma non venisti il più bello sotto terra, pensomi. L’ossame l’avete simile, e d’una cosa il cranio tuo si distingue da quel di Tersite, che il tuo è molle e fragile, e non punto di uomo.
Nireo. Dimanda Omero, e saprai chi ero io allora che combattevo fra i Greci.
Ajenippo. Mi conti sogni: io vedo quel che sei ora: quel d’allora lo sanno quelli.
Nireo. Ed io ora non sono il più bello, o Menippo?
Menippo. Nè tu, nè altri è bello: l’Orco agguaglia tutti, fa tutti simili.
Tersite. A me questo mi basta.
26.
Menippo e Chirone.
Menippo. M’han detto che tu, o Chirone, tutto che Dio, hai voluto morire.
Chirone. T’han detto il vero, o Menippo: e son morto, come vedi, potendo essere immortale.
Menippo. E che bene trovasti nella morte, nella quale molti trovano tanto male?
Chirone. Lo dico a te che non sei sciocco. Io non aveva più piacere a godere dell’immortalità.
Menippo. Non avevi piacere a vivere e veder la luce?
Chirone. No, o Menippo. Per me il piacere sta nel vario e nel diverso: io vivevo e godevo sempre delle stesse cose, del sole, della luce, del cibo; le ore, i giorni, le stagioni, tutte le cose l’una dopo l’altra con lo stesso ordine e modo.
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