Infine ne fui stucco: perchè il piacere stava non nell’aver sempre lo stesso, ma nel variare.
Menippo. Dici bene, o Chirone: ma, e come ti trovi ora nell’inferno, dove hai preferito di venire?
Chirone. Non male, o Menippo: qui è uguaglianza perfetta, e non c’è differenza tra lo star nella luce, o nel buio. E poi non c’è bisogno nè di mangiare nè di bere, come lassù, e siam liberi di tutte queste noie.
Menippo. Ma vedi, o Chirone, che tu ti contraddici, e le tue parole stanno contro di te.
Chirone. E come?
Menippo. Se tu t’annoiasti della vita perchè c’era sempre lo stesso, t’annoierai anche qui dove c’è anche sempre lo stesso; e dovrai cercare un mutamento anche da questa in un’altra vita: il che penso sia impossibile.
Chirone. E che dunque avrei potuto fare o Menippo?
Menippo. Dicono che chi ha senno sa contentarsi del presente, accomodarvisi, e sopportar tutto con pazienza.
27.
Diogene, Antistene e Crate.
Diogene. O Antistene, o Crate, noi siamo scioperati, perchè non andiamo passeggiando verso l’entrata, per vedere quelli che scendono, chi sono, e che fanno ciascuno?
Antistene. Andiamo, o Diogene, chè pur sarà piacevole a vedere alcuni che piangono, alcuni che pregano di esser lasciati, altri che non vogliono proprio scendere, e Mercurio che li tiene pel collo mentre essi resistono e superbamente si dibattono, senza alcun pro.
Crate. Ed io vi racconterò quel che vidi per via quando io ci discesi.
Diogene. Raccontaci, o Crate, chè dovesti veder cose molto ridicole.
Crate. Fummo tanti e tanti in quella discesa; ma fra gli altri si distinguevano il nostro ricco Ismenodoro, Arsace governatore della Media, ed Orite l’Armeno.
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