Rappattumarmi con Ulisse, no, o Agamennone, non potrei mai; neppure se me lo comandasse la stessa Minerva.
30.
Minosse e Sostrato.
Minosse. Questo ladro Sostrato sia gettato nel fuoco di Flegetonte; il sacrilego sia squartato dalla chimera, ed il tiranno, o Mercurio, sia disteso vicino a Tizio, ed abbia anch’egli il fegato sbranato dagli avoltoi. Voi, o buoni, andate tosto nel prato dell’Eliso nell’isole dei beati, perchè avete operato il giusto nella vita vostra.
Sostrato. Odi, o Minosse, se è giusto quel che voglio dire.
Minosse. Udirti anche di più? E non sei stato convinto, o Sostrato, che tu sei uno scellerato e un gran micidiale?
Sostrato. Sono stato convinto, sì: ma vedi se sarò punito giustamente.
Minosse. Stà a vedere non sarà giusto pagarne il fio.
Sostrato. Ma rispondimi, o Minosse, ad una breve domanda.
Minosse. Di’ pure, ma breve; chè debbo giudicar altri.
Sostrato. Quel che ho fatto nella vita mia, l’ho fatto da me, o per destinato della Parca?
Minosse. Certamente per destinato della Parca.
Sostrato. Dunque tutti i buoni, e noi altri tenuti malvagi, serviamo a lei quando operiamo.
Minosse. Sì, a Cloto; la quale stabilì a ciascuno che è nato quello che deve fare.
Sostrato. E se uno sforzato da altrui uccidesse un uomo, e non potesse opporsi a chi ve lo sforza, come è il carnefice o il satellite che ubbidisce al giudice o al tiranno; chi avrebbe colpa dell’uccisione?
Minosse. Il giudice o il tiranno: e neppure la spada, che è un istrumento, e serve a chi comanda, il quale ha la vera colpa.
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