Sostrato. Bene, o Minosse: tu mi chiarisci meglio il paragone. E se uno, mandato dal suo signore, porta doni d’oro e d’argento, a chi si deve avere obbligazione, chi sarà tenuto benefattore?
Minosse. Chi ha mandati i doni, o Sostrato: chè chi l’ha portati era un ministro.
Sostrato. Dunque vedi quanta ingiustizia fai a punir noi, che siamo servi e facciamo quel che Cloto ci comanda, e a premiar questi che sono portatori delle buone opere altrui. E nessuno mai diria che era possibile opporsi alla necessità del fato.
Minosse. O Sostrato, tu vedresti altre molte cose irragionevoli se vi pensassi un po’ sopra. Ma della tua dimanda tu caverai questo frutto, che mi sembri d’essere non pure ladro, ma anche sofista. Discioglilo, o Mercurio, e non più abbia pena. Ma tu bada, ve’, di non insegnare agli altri morti a fare di cotali dimande.
XI.
IL MENIPPO,
oLA NEGROMANZIA.
Menippo e Filonide.
Menippo.
O mia magione, o mio portico, salve!
Quanto mi piace rivederti or ch’ioAlla luce ritorno!(59)
Filonide. Non è questi Menippo, il cinico? È lui, se io non ho le traveggole; egli è Menippo. E che vuol dire egli in abito così strano, col cappello, la lira, e la pelle di leone? Vo’ andargli incontro. Salve, o Menippo: donde ne vieni? Da molto tempo non ti se’ fatto vedere in città.
Menippo.
Vengo dal regno della morta gente,
Lascio le scure porte, dove l’Orco
Abita solitario.
Filonide. Davvero non sapevam che Menippo era morto; ed ora ci è risuscitato.
Menippo.
No: senza morte andai pe’ morti regni.
Filonide. E perchè questo nuovo e strano viaggio?
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