Dipoi ci preparammo a navigare. Egli si mise indosso un robone magico, simile a quello che usano i Medi, e per me mi provvide di questo cappello, della pelle del lione, e della lira: e mi ammonì che se uno mi dimandasse del mio nome, non rispondessi Menippo, ma Ercole, o Ulisse, o Orfeo.
Filonide. E perchè, questo, o Menippo? Non comprendo la cagione di questo abito e di questi nomi.
Menippo. Eppure l’è chiara, e non c’è mistero. Giacchè questi prima di noi discesero vivi nell’inferno, se io prendessi una simiglianza a loro, facilmente ingannerei la vigilanza di Eaco, e passerei senza impedimento, come uno già solito, e che l’abito mi faria pigliare per un eroe. Rompeva l’alba adunque quando noi, discesi al fiume, ci accingemmo a partire: egli aveva già preparato il battello, le vittime, l’idromele, e le altre cose necessarie all’incantesimo. Ponemmo ogni cosa nel battello, e v’entrammo anche noi
Con basso viso e lacrimose gote.
Per alquanto tempo andammo a seconda, dipoi ci mettemmo in un lago o palude, in cui l’Eufrate si perde. Tragittato questo, giungemmo in un luogo deserto, selvaggio, e senza sole: quivi, discesi dove volle Mitrobarzane, cavammo una fossa, e scannate le pecore, in essa facemmo le libazioni del sangue. Il mago intanto tenendo in mano una face accesa, non più con dimessa voce, ma con la più alta e sonora, evocava tutti gli Spiriti, e le Pene, e le Erinni, e la notturna Ecate, e la terribil Proserpina, mescolandovi certi lunghi ed ignoti paroloni barbari. Subito la terra tremò; a quelle parole il suolo spalancossi; s’udì latrar Cerbero da lontano: era un terrore grande;
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