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      Ne temette anche il re de’ morti Pluto.
     
      Apparivano già molte cose, il palude, il fiume del fuoco, e la reggia di Plutone. E noi discendendo per quella voragine aperta, trovammo Radamanto mezzo morto della paura: Cerbero baiò un poco e si mosse, ma io toccai la lira, e al suono subito si racchetò. Venuti al palude, quasi quasi non passavamo, chè la scafa era già piena, e zeppa di lamenti: era un passaggio di feriti, chi con una gamba rotta, chi col capo spaccato, chi con altro membro forato; mi pareva venissero da una battaglia. Ma il buon Caronte come vide la pelle del leone, credendo che io fossi Ercole, mi accolse e mi tragittò volentieri, e allo scendere ne additò anche il sentiero. Camminando per le tenebre, Mitrobarzane innanzi, io dietrogli tenendolo ai panni, infine giungemmo ad un grandissimo prato d’asfodillo, dove ci svolazzavano intorno le pigolanti ombre dei morti. Progredendo un po’, venimmo al tribunale di Minosse. Era questi seduto sovra un alto trono, e gli stavano intorno le Pene, le Vendette, le Furie: da una parte gli erano menate innanzi le grosse funate degli adulteri, ruffiani, pubblicani, adulatori, calunniatori, e simile canaglia rotta ad ogni ribalderia: dall’altra si presentavano i ricchi e gli usurai gialli, panciuti, podagrosi, ciascuno con un collare al collo ed una catena pesantissima. Fermatici a vedere che si faceva, udimmo come si difendevano, ed una nuova specie di strani accusatori.
      Filonide. E quali? oh, dimmelo.
      Menippo. Sai le ombre che i corpi gettano al sole?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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