Fammi questo favore, o Cillenio, ed io te ne sarò sempre obbligato.
Mercurio. Questa faccenda mi farà aver dello busse: già vedo che per compenso di averti guidato non mi mancherà qualche cazzotto. Pure ti vo’ contentare: per un amico si fa tutto. Ma vedere ogni cosa per punto non è possibile, o navicellaio mio; chè ci vorrieno anni assai. E poi io sarei messo al bando da Giove, come fuggitivo; e tu non potendo fare l’uffizio che la Morte t’ha dato, recheresti danno al regno di Plutone, non tragittando i morti per molto tempo: ed Eaco il portinaio si sdegnerebbe non buscando neppure un obolo. Onde io penso di mostrarti così sopra sopra le cose che ci sono.
Caronte. Pensa tu il meglio, o Mercurio; io non ho veduto mai niente della terra, e ci son forestiero.
Mercurio. Insomma, o Caronte, bisogna trovare un’altura, donde tu vegga giù ogni cosa. Se tu potessi salir meco in cielo, non avrei questa briga ora: di là scorgeresti tutto: ma giacchè non è permesso a chi sta sempre fra le ombre di montare nella reggia di Giove, dobbiamo adocchiare qualche alta montagna.
Caronte. Ti ricordi, o Mercurio, ciò che soglio dirvi io quando navighiamo? Se il vento gagliardo dà di traverso nella vela, e l’onda si solleva, voi, che non sapete, mi dite: ammaina la vela, allenta la scotta, abbandónati al vento: ed io che vi rispondo? Zitti, so io che debbo fare. Così tu, fa’ quello che tu credi meglio, chè ora se’ tu il piloto: ed io, come si conviene ai passeggieri, debbo tacere ed ubbidire ai tuoi comandi.
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