Mercurio. Dici bene: saprò anch’io che fare, e troverò qualche alta cima che farà per noi. Saria buono il Caucaso; no, il Parnaso è più alto: l’Olimpo più di tuttadue. Oh, a riguardar l’Olimpo mi viene una buona idea: ma tu devi aiutarmi.
Caronte. Di’ pure: ed io t’aiuterò come posso.
Mercurio. Il poeta Omero dice che i figliuoli d’Aloeo, che erano anche due e fanciulli ancora, una volta vollero sradicare il monte Ossa, e lo posero sovra l’Olimpo, e più sovra il Pelio, credendo così di farsi una bella scala per montare al cielo. Quei fanciulli eran due temerarii, ed ebbero una buona castigatoia; ma noi, che non vogliamo far male agli Dei, perchè anche noi non rotoliamo e poniamo montagne sopra montagne per farci una vedetta più alta?
Caronte. E potremo, o Mercurio, noi due prendere e sollevare Ossa e Pelio?
Mercurio. Perchè no, o Caronte? e credi che noi possiamo meno di quei due fanciulli, noi che siamo dii?
Caronte. No: ma parmi cosa impossibile, e di fatica immensa.
Mercurio. Va’, sei un ignorante, o Caronte, e non hai estro poetico. Quel valente uomo d’Omero in due versi ci fa salire in cielo, ammucchiando agevolmente le montagne. Oh, ti pare cosa incredibile; eppure tu certamente sai che Atlante porta il mondo su le spalle, ed egli solo ci sostiene tutti quanti. E forse hai udito ancora che Ercole mio fratello, per far riposare un poco il povero Atlante, una volta si pose egli quel peso addosso.
Caronte. L’ho udito cotesto: ma se è vero, o no, lo sai tu ed i poeti.
Mercurio. Verissimo, o Caronte.
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