Mercurio. Li chiamano sepolcri, tombe, avelli. Vedi innanzi alle città quei rialti, quelle colonne, quelle piramidi? colà depongono i morti e serbano i cadaveri.
Caronte. Oh, e perchè quelli coronan di fiori le pietre, e le spargono d’unguento? perchè quegli altri, innalzato il rogo innanzi al rialto e cavata una fossa, bruciano tante vivande, e nella fossa versano vino, e acqua melata ancora, come mi pare?
Mercurio. Non so, o navicellaio, che giovi questo a quei di laggiù: ma gli uomini credono che le anime ritornino sulla terra, e che faccian quasi un banchetto volando intorno al fumo odoroso delle vivande, e che bevano l’acquamelata che è nelle fosse.
Caronte. Come, come? bere e banchettare quei teschi spolpati? Bah! ma sono sciocco io che dico questo a te che ogni giorno ne conduci tanti: tu lo sai se chi scende sotterra può più risalire. Oh saria il bello spasso, o Mercurio, per me che ho tante faccende, se dovessi non solo menarli laggiù, ma rimenarli ancora su quando avesser voglia di bere. O sciocchi che siete, a non sapere da quale barriera son separati i morti dai vivi, quai leggi sono tra noi, e come
Sepolti ed insepolti sono eguali.
Iro mendico, e il regnatore Atride;
Tersite, e il figlio della bella Teti
Tutti son morti, dispolpati teschi.
Nudi e digiuni vanno insieme errandoSu prati d’asfodillo.(67
Mercurio. Per Ercole! tu me lo sverti tutto Omero. Ma giacchè me ne fai sovvenire, voglio mostrarti la tomba d’Achille. La vedi là sul mare? quello è il Sigeo troiano. Quella d’Aiace è di rimpetto su la proda del Reteo.
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