Ma costui, invitate molte elette persone, con in mano un suo grosso libro lungamente meditato, preparato, e pieno di bestemmie, legge a gran voce le più brutte calunnie contro Platone, Pitagora, Aristotele, Crisippo, contro me, contro tutti, senza che vi sia la licenza d’una festa, senza aver ricevuto da noi male alcuno; perchè gli si potria pur perdonare se lo facesse per vendetta e provocato da noi. E quello che più ci cuoce è che egli, facendo questo, copresi del tuo nome, o Filosofia; ha tirato dalla sua il Dialogo, che era già amico nostro, ed ora gli tiene il lazzo contro di noi: ha carrucolato anche Menippo nostro compagno a far le scene con lui, e darci spesso la baia: onde questi solo non è con noi, e non lo accusa, ed è traditore della causa comune. Per tutti questi fatti egli ben merita una pena. E che potrà egli rispondere, avendo lacerato le cose più sante innanzi a tanti testimoni? I quali saria bene che lo vedessero anche punito, affinchè a nessuno venga più la voglia di spregiar la Filosofia. Tacere e tenersi queste ingiurie non saria moderazione, ma viltà somma e dappocaggine. E quest’ultimo smacco che ci ha fatto come si può sopportare? A guisa di schiavi ci espone in vendita in una bottega, ci fa strombettare dal banditore, ci vende alcuni a caro prezzo, alcuni per una mina attica, e me, vedi lo scelleratissimo! me per due oboli: e quanti l’udirono se ne risero. Questo ha colmo il sacco: e noi siamo risuscitati, e da te vogliamo vendetta di queste bruttissime offese.
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