rità, sii testimone ai giudici se esse son vere.
La Filosofia. Allontánati, o Parlachiaro: anche più in là. Che farem noi? Che vi pare di quel che ha detto quest’uomo?
La Verità. Per me, o Filosofia, mentr’egli parlava avrei voluto star nascosta sotterra: tanto son vere le cose che ha dette. Nell’udirlo annoverar tutte quelle vergogne, io riconoscevo quelli che le fanno, e pensavo: Questo conviene al tale, il tale ha fatto questo, il tale altro ha fatto quest’altro. Li ha mostrati quali sono, li ha dipinti al vivo, ne ha ritratti non pure i corpi, ma le anime al naturale.
La Temperanza. Ed io, quanto mi sono arrossita, o Virtù?
La Filosofia. E voi, che ne dite?
I Risuscitati. Che altro, se non scioglierlo dall’accusa, e scriverlo nel novero de’ nostri amici e benefattori? A noi è intervenuto come ai Trojani, i quali sforzarono un cantore a cantare, e quei cantò loro la rovina di Troia. Canti egli adunque, e canzoni questi nemici degli Dei.
Diogene. Ed io, o Filosofia, lodo questo uomo dabbene, ritratto le accuse che gli ho date, e lo voglio per amico.
La Filosofia. Sta bene. Avvicínati, o Parlachiaro. Ti assolviamo dall’accusa a pieni suffragi; e sappi che da ora innanzi sei nostro.
Parlachiaro. Ho vinto la prima: or farò la seconda preghiera in istile tragico e più conveniente.
O grande, alma Vittoria,
Questa mia vita io t’offero,
E tu sempre incoronami.(88)
La Virtù. Versiamo la seconda tazza agli Dei: citiamo a comparir qui anche quelli, affinchè abbiano pena degl’insulti che ci fanno.
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