Ah! ma si piglia troppa libertà con noi! la mezza giornata egli deve stare qui.
Cloto. Che sai, o Caronte, se non gli è sopravvenuta qualche faccenda, se Giove non lo ha trattenuto molto per qualche cosa lassù? Giove gli è pure padrone.
Caronte. Ma non per questo, o Cloto, se ne deve impadronire di troppo: appartiene anche a noi egli; e quando deve tornarsene non l’abbiam mai indugiato. La so ben io la cagione: fra noi v’è solamente asfodillo, libazioni funebri, focacce, e qualche altra offerta sepolcrale, il resto tutto è tenebre, caligine, buio: in cielo per contrario tutto è luce; l’ambrosia e il néttare non mancano mai, e però gli piace lo starvi. Quando deve tornarci viene di male gambe catellon catellone.
Cloto. Non ti crucciare più, o Caronte. Eccolo che viene, e ne mena molti, anzi come una mandra se li caccia innanzi con la verga. Ma che è questo? Uno de’ morti è legato, un altro ride, ed un altro con la bisaccia in collo e un bastone in mano con un piglio bieco affretta gli altri a levar le calcagna. Non vedi anche Mercurio tutto sudato, co’ piedi impolverati, affannato ed anelante con la bocca aperta? Che è questo, o Mercurio? perchè tanta fretta? Tu sembri turbato.
Mercurio. E che vuol essere, o Cloto? Per correr dietro a questo scellerato che se n’era fuggito, poco è mancato ch’io non ci venissi affatto tra voi oggi.
Cloto. Chi è costui? e perchè voleva fuggire?
Mercurio. Il perchè è chiaro, voleva vivere di più. È un re, o un tiranno a quanto l’ho udito lamentare o guaiolare, dicendo di aver perduto una grande felicità.
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