Cloto. E lo stolto fuggiva, come se avesse potuto rivivere, dimenticando che il suo filo era già rotto?
Mercurio. Fuggiva dici? Se questo buon uomo col bastone non m’avesse aiutato a prenderlo e legarlo, forse ci saria scappato. Dacchè Atropo me l’ha consegnato, ei per tutta la via non ha fatto altro che resistere, riluttare, pontare i piedi a terra, e proprio non si lasciava menare; e talvolta mi pregava anche e mi scongiurava che lo dovessi lasciare un momento, e mi faceva grandi promesse: ma io, come capisci bene, ero sordo, sapendo che non potevo lasciarlo. Quando siam giunti alla bocca d’inferno, mentr’io, secondo il solito, annoverava i morti ad Eaco, ed egli ne verificava il conto su la tessera mandatagli da tua sorella, questo ribaldaccio non so come diamine se l’ha svignata. Però mancava un morto al conto; ed Eaco con un viso brusco m’ha detto: Non fare il ladro anche qui, o Mercurio: ti basti far questi giuochi in cielo; tra’ morti si fa conti esatti, e non ci ha nulla da nascondere. Vedi, mille e quattro sono scritti su la tessera, e tu n’hai condotto uno di meno: se pur non dici che lo sbaglio l’ha fatto Atropo. Io arrossito a questo rabuffo, tosto mi ricordo dell’accaduto per via, do uno sguardo intorno, non vedo costui, capisco che se l’ha battuta, gli corro dietro a furia per la via che mena alla luce. M’ha seguito da sè quest’uomo dabbene, ed entrambi correndo come atleti che al segno si spiccano, te lo acchiappiamo vicino al Tenaro: poco è stato che non ci è fuggito.
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