Eccoli qui.
Cloto. E colui che è stato ucciso dalla moglie e dall’adultero?
Mercurio. Eccolo.
Cloto. Menaci i giustiziati, dico i flagellati, e i crocefissi. I sedici assassinati dai ladri dove sono, o Mercurio?
Mercurio. Qui: e vedine le ferite. Vuoi che conduca anche le donne?
Cloto. Sì: e i naufraghi ancora, perchè son morti tutt’insieme, e a un modo. Ed i morti di febbre anche insieme, ed il medico Agatocle con essi. Ma dov’è il filosofo Cinico che doveva mangiare una cena d’Ecate, un uovo lustrale,(95) una seppia cruda, e morire?
Il Cinico. Egli è un pezzo ch’io son qui, o buona Cloto. Che male feci io che m’hai lasciato su per tanto tempo? Hai filato per me quasi tutto il fuso: spesso ho provato di rompere il filo e venirmene, ma non mi è riuscito mai di spezzarlo.
Cloto. I’ ti lasciava perchè tu fossi il censore e il medico dei falli degli uomini. Entra ora con la buona fortuna.
Il Cinico. Sì: ma non prima che abbiamo fatto entrare costui che è legato: perchè temo che non te ne dica tante egli che t’infinocchi.
Cloto. Chi è costui?
Mercurio. Il tiranno Megapente, figliuolo di Lacide.
Cloto. Sali tu.
Megapente. Deh no, o Cloto regina: lascia ch’io risalga per poco su la terra: io tornerò da me senza chiamata.
Cloto. E per qual cagione vuoi tu risalire?
Megapente. Permettimi ch’io finisca prima il mio palagio, che ho lasciato a mezzo.
Cloto. Tu scherzi: via, imbárcati.
Megapente. Non ti chiedo assai tempo, o Parca: un giorno solo per dir qualche cosa a mia moglie delle ricchezze mie, dove n’ho infossato un gran tesoro.
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