Mercurio. Vieni qui, o malvagio fuggitivo. Afferra, o Caronte, questo ribaldo, e per maggior cautela....
Caronte. Non pensarci: lo legherò all’albero.
Megapente. Almen debbo sedere al primo posto io.
Cloto. E perchè?
Megapente. Perchè, per Giove! ero re io; e avevo mille guardie intorno a me.
Cinico. E non aveva ragione Carione di strapparti la barba? stolto! Ti farò ora re di bastoni quando avrai provato questo.
Megapente. E un cane di Cinico ardirà di levar la mazza sopra di me? E tu non ricordi, o Cinico, che pel tuo ardito ed insolente parlare poco mancò ch’io non ti facessi impalare?
Cloto. Ed ora statti legato tu al palo.
Micillo. Di’, o Cloto, e a me non si bada, eh? Forse perchè son povero, però debbo imbarcarmi l’ultimo.
Cloto. E chi sei tu?
Micillo. Il ciabattino Micillo.
Cloto. E sì forte ti spiace il ritardo? Non vedi quante promesse fa questo tiranno per ritornare per poco in vita? Mi maraviglio che hai tanta fretta.
Micillo. Odimi, o buona Parca. Non troppo mi vanno a sangue a me i doni del Ciclope, e quella promessa, all’ultimo io mangerò Nessuno: chè o primo o ultimo quei denti mi aspettano. E poi tra me e i ricchi non c’è nessuna somiglianza; la vita mia è il rovescio della loro. Questo tiranno che si teneva felice nella vita sua, e da tutti era temuto e riverito, lasciando tant’oro, e argento, e vesti, e cavalli, e banchetti, e zanzeri, e belle donne, ragionevolmente s’addolora e non può sopportare d’esserne strappato. Chè l’anima s’attacca a queste cose, come ad un vischio, e non se ne vuole staccare facilmente, come quella che v’è incollata da molto tempo: anzi coloro che hanno un sì dolce legame, credono che non se ne scioglieranno mai, e quando ne sono disvelti per forza, piangono e pregano, non sono più superbi, e li trovi tutti vigliacchi nello scendere la via dell’inferno.
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