Caronte. Dove si mette ora? Vedete che ogni cosa è pieno.
Mercurio. Su le spalle del tiranno.
Cloto. Mercurio l’ha pensata bene.
Caronte. Sali, dunque, e metti i piè sul collo di questo scellerato. Andiamo col buon viaggio.
Il Cinico. O Caronte, i’ debbo dirti il vero. Io non ho l’obolo pel nolo: non posseggo altro che questa bisaccia e questa mazza, ma se vuoi che t’aiuti ad aggottare son pronto, e anche vogare, e se mi dài un buon remo non sarai scontento di me.
Caronte. Remiga: mi basta averne questo da te.
Il Cinico. E si può dire una canzoncina allegra?
Caronte Sì, per Giove, se ne sai alcuna marinaresca.
Il Cinico. Ne so tante, o Caronte. Ma odi questi piagnoni che cantano in altro tuono, e ci guasterebbono il canzoncino nostro.
Un morto. Ohimè, le possessioni mie!
Un altro. Ohimè, i campi miei!
Un altro. Povero me! che bella casa ho lasciata!
Un altro. Uh! quanti talenti saranno dispersi dal mio erede!
Un altro. Ahimè, ahimè! poveri figliuoletti miei!
Un altro. Chi vendemmierà la vigna mia, ch’io piantai l’anno passato?
Mercurio. E tu, o Micillo, non piangi? Non è permesso ad alcuno trapassar senza piangere.
Micillo. Bah!, io non ho cagione di piangere: il tragitto è sì bello!
Mercurio. Ma via, un tantino: è uso, e si dee osservare.
Micillo. Tu il vuoi, ed io piango. Oh, i miei correggiuoli! uh, le ciabatte vecchie! uh, le scarpe rotte! Misero me, che non sto più digiuno da mane a sera; e d’inverno non vado più per le vie scalzo e mezzo nudo, e battendo i denti pel freddo. Chi si piglierà la mia lesina, e il mio trincetto?
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