Or io credo che farò bene, se prima esaminate le cagioni che muovono costoro ad abbracciar questa vita, mostrerò che le non sono nè forti nè necessarie: così sarà tolto loro ogni appicco a difesa, e il primo argomento per iscusare la loro volontaria servitù. Molti mettendo innanzi la povertà ed il bisogno del necessario, credono di potere con questo velo ricoprire la loro viltà che li fa rifuggire a questa vita; stimano che lor basti il dire che fanno una cosa scusabile cercando di fuggire dal più grave di tutt'i mali, la povertà: e subito citano quei versi di Teognide:
L'uom che di povertà sente le strette....(97)
e quante altre vigliaccherie ignobilissimi poeti spacciarono intorno alla povertà. Se io vedessi che trovano veramente uno scampo dalla povertà allogandosi a mercede, alzerei la mano e non parlerei di libertà con loro; ma giacchè quella miseria che ricevono è (come dice il grande oratore) simile al cibo che si dà agli ammalati, che non li risana né li fa morire; come non si accorgono che ei sono ingannati, rimanendo sempre la stessa la condizione della loro vita? Povertà sempre, sempre necessità di ricevere, niente poter riporre, niente di risparmio nel salvadanaio, ma quel che ti si dà, se pur ti si dà, se pur lo ricevessi a puntino, tutto vassene pe' tuoi bisogni, e non resta un obolo. Bisognerebbe escogitare un mezzo non che facesse rimanere la povertà, medicandola solamente un po', ma che la sradicasse: e per questo forse converrebbe, o Teognide mio, precipitarsi, come tu dici, in un mar pieno di mostri, e dalla cima d'un aereo scoglio.
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Teognide Teognide
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