Onde costoro sono come un mal gradito e sfortunato amatore che cápita a mano d'un zanzero scaltrito e mariuolo, il quale gli favella superbo, e solamente per tenerlo sempre acceso gli fa qualche carezza, ma compiacerlo no, neppure d'un bacio, perchè sa che godimento spegne amore: e in questo sta sempre sul niego e tiene il fermo; pure gli dà qualche speranza, perchè teme che la disperazione non gli faccia passare il desiderio e l'amore, gli sorride, gli promette sempre che farà, lo contenterà, lo compenserà generosamente. Così senza avvedersene entrambi invecchiano, e passa stagione l'uno di amare, e l'altro di dare: sicchè in tutta la loro vita non hanno fatto niente più in là di sperare. Sofferire ogni cosa per amor del piacere forse non è del tutto da biasimare, ma da compatire se uno gode del piacere, e lo va cercando con ogni mezzo per conseguirlo: quantunque sia cosa turpe e servile il vendersi per questo, chè molto più dolce è il piacere della libertà, pure gli si abbia una certa indulgenza, se ei l'ottiene. Ma per la sola speranza del piacere sofferire molte amarezze parmi una cosa ridicola e matta; mentre si vede che le fatiche sono chiare, manifeste, necessarie, e quella speranza, quella dolcezza non si è gustata mai in tanto tempo, e a farci bene i conti pare che non si gusterà giammai. I compagni di Ulisse avendo mangiato di un dolce loto, si scordarono d'ogni altra cosa, e per l'attuale dolcezza spregiarono onestà; eppure non è del tutto irragionevole il loro obblio, essendo l'anima attaccata a quel dolce.
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Ulisse
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