Così dovrebb'essere, o mio Timocle, e forse non saria gran male piegarsi a portare un giogo sì leggiero, comodo, e ciò che più monta, un giogo d'oro: ma è altro, anzi il rovescio. Mille cose intollerabili ad un uomo libero deve tollerare chi sta coi signori. Odile, e vedi tu stesso se potria sopportarle chi ha avuta anche una leggiera tintura di dottrina.
Comincerò dalla prima cena che forse ti si farà, come le donora prima d'entrare in famiglia. Subito adunque viene ad invitarti a cena un valletto non nuovo di corte, che devi farti amico mettendogli in mano, per non parere un zotico, almeno tre dramme: e quei facendo le lustre Non ci vuol questo con me, e ripetendo Oh, non sarà mai, infine si lascia persuadere, ti mostra tutt'i denti con un ghigno, e vassene. Tu pigli una veste pulita, ti rassetti alla meglio, ti lavi, e t'avvii, temendo di non giungere prima degli altri, che è rozzezza, come venir l'ultimo è superbia. Cogliendo adunque un tempo giusto, entri: ti ricevono a grande onore: uno ti piglia, e ti fa adagiare presso al ricco dopo due o tre vecchi amici. Tu, come se fossi entrato nella reggia di Giove, stai tutto ammirato, e ad ogni cosa che si fa cadi dalle nuvole. Tutto per te è nuovo e sconosciuto: la servitù ha gli occhi sopra di te, ciascuno de' convitati attende che farai; il ricco stesso vuole questo, ed ha detto ad alcuni de' suoi famigli di spiarti se spesso guardi sottecchi la moglie ed i figliuoli. Ed i servitori dei convitati vedendoti come intronato ed impacciato se la ridono, ed argomentano che non hai cenato mai in casa d'altri signori, impacciandoti ad usare la salvietta.
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Timocle Giove
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