Ma, misero te, neppure a questo sei buono. Onde per necessità, devi scadere, piangere in segreto, e tacito sofferire il tuo dispregio.
Se poi qualche mala bietta di servitore va a zufolare che tu solo non hai applaudito al paggetto della padrona che balla e canta su la cetera, è un affare di gran pericolo. Però ti bisogna, a guisa di rana terrestre, gracidare a gola asciutta, sforzandoti d'intonar primo e più sonoro l'evviva: e spesso mentre gli altri tacciono, recitare un discorsetto studiato, e pieno zeppo di adulazioni. Bello veramente uno che ha fame ed ha sete, stare profumato d'unguento e con corona in capo! rassembri allora una colonna sepolcrale, dove alcuni vanno a far sacrifizi a qualche morto, la spargono d'unguenti, vi appendono corone, ed essi bevono e mangiano ciò che hanno apparecchiato. E se il signore è geloso, ed ha leggiadri figliuoli o moglie giovane, e tu non sei del tutto lontano da Venere o dalle Grazie, la cosa non va così liscia, ed il pericolo è più serio. Un re ha molti orecchi, e molti occhi che non vedono solamente il vero, ma v'aggiungono sempre qualche cosa di più, per non parere che sonnecchiavano. Quindi devi stare, come nei conviti di Persia, col viso basso, per paura che un eunuco non ti veda guardare qualcuna delle concubine; ed un altro eunuco che tiene l’arco teso, accorgendosi che guardi dove non dèi, non ti trafigga con un dardo, mentre bevi, la mascella.
Finita la cena, vai a dormire un po': ma svegliandoti al cantare de' galli: «O misero me, dici, o me disfatto! ho lasciato quelle occupazioni d'una volta, quei compagni, quella vita riposata, quelle saziate di sonno, quei passeggi liberi, e in quale baratro mi sono gettato!
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Venere Persia
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