E perchè mai, o Dei immortali? e che paga sfarzosa è questa? E non potevo io altrimenti procacciarmi di più, ed essere libero e padrone di me stesso? Ora, come leone legato ad una funicella, sono menato di su e di giù; e quel che è peggio, so che non ci riesco; e non posso essere gradito: chè io son nuovo di queste cose, non ci ho garbo, specialmente in paragone di quelli che lo fanno per arte. Non ho grazie, non ho piacevolezze a tavola, non posso far ridere un po': e m'accorgo che anche la mia vista gli spiace, se talvolta voglio mostrarmi più dolce del solito, gli sembro increscevole, e non so come temperarmi con lui. Se mi rimango sul grave, sono il fastidio ed il fistolo; se sorrido e compongo la faccia al piacevole, tosto ei mi spregia e mi sputa: ed io paio uno che rappresenti una commedia con indosso un mascherone di tragedia. Insomma quale altra vita io vivrò per me, sciocco che io sono, se avrò vissuto questa per un altro?» Mentre così parli fra te e te, suona la campanella, e rieccoti alla stessa vita, al girare intorno, a rimaner impalato: e devi ungerti prima le anguinaie e sotto i ginocchi se vuoi durare a questo trotto: poi una simile cena prolungata alla stessa ora. Questa vita, opposta a quella d'una volta, la veglia, il sudore, la fatica, insensibilmente ti scalzano la salute, e ti fan venire una tisi, o una punta, o una colica, o la bella podagra. Pure tu resisti, e spesso dovresti stare a letto, e non t'è permesso; perchè la malattia è tenuta una finzione, una scusa per non fare il tuo dovere.
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