Chi t'accusa, ancorchè non parli, è degno di fede: tu sei greco, leggiero, facile ad ogni ribalderia: chè così credono che siamo tutti, e giustamente: ed a me pare di aver capito la cagione di questo concetto che essi hanno di noi. Molti di costoro che entrano nei palazzi, non sapendo niente altro di buono, spacciano di saper fare magie, e veleni, e attirare innamorati, e sprofondar nemici: e mentre fan questo, dicono che ei son dottori, ed hanno indosso il pallio, ed una barba rispettabile sciorinata sul petto. Giustamente adunque i signori ci hanno tutti nello stesso concetto, vedendo di che qualità sono costoro che essi credevano ottimi, ed osservando nelle cene e nell'altro conversare, la loro adulazione, la loro fecciosa e servile avarizia. Scacciatili, a ragione li abborriscono, e cercano ogni modo di perderli, se possono: perchè pensano che questi sverteranno molte loro segrete vergogne, come quei che le sanno appuntino, e li hanno veduti nudi. E questo pensiero li rode: perocchè essi sono simili a quei bellissimi libri che di fuori hanno le borchie d'oro e la pelle color di porpora; e dentro v'è o Tieste che mangia i figliuoli, o Edipo che si giace con la madre, o Tereo che sforza due sorelle. Così sono questi ricconi e questi grandi, sotto la porpora coprono orrori tragici: se apri il loro libro trovi un gran dramma di un Euripide, o d'un Sofocle: di fuori viva porpora e borchie d'oro. Sapendo adunque ciò che portano sotto, odiano e perseguitano, se uno che li ha ben conosciuti, partendosi da essi sfringuella e pubblica i fatti loro.
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